Marzo, mese rosa, mese di mimose e ricorrenze. L’8 Marzo si festeggia la Giornata Internazionale della Donna. Passateci la banalità o al contrario il voler dare valore. 
Questo mese #ComeQuando lo dedica a pensare alla Donna da più punti di vista.
Quando pensiamo alle donne in questo particolare momento culturale ci vengono in mente una serie di movimenti politici e sociali che si stanno occupando di restituire loro valore, ne sostengono lo sviluppo sia in termini di parità di genere, sia valorizzando cosa le donne rappresentano per la società, che contributo posso dare e quali competenze possono offrire.
Recentemente è stato pubblicato il Global Gender Gap Report 2020 del World Economic Forum. Sono stati stimati ancora 100 anni per raggiungere la parità di genere in tema di salute e benessere, educazione e istruzione, politica e le forme di partecipazione economica. L’ipotesi che emerge dalla lettura dei dati è che lì dove la partecipazione e rappresentanza politica delle donne aumenta, diminuisce anche il divario tra i generi. 
L’italia si trova al 76esimo posto su 153 paesi.
Il divario più alto è a livello  economico. In Italia, secondo i dati diffusi dall’Istat (Conciliazione tra lavoro e famiglia/Anno 2018), lavorano il 49% delle donne contro il 67% degli uomini. Il tasso di occupazione delle madri tra 25 e 54 anni che si occupano di figli piccoli o parenti non autosufficienti è del 57% a fronte dell’89,3% dei padri. 
Secondo il Global Gender Gap Report sull’Italia pesa anche la differenza salariale fra uomini e donne a parità di livello e di mansioni. Più le donne studiano, più aumenta il divario: se un laureato uomo guadagna il 32,6% in più di un diplomato, una laureata guadagna solo il 14,3% in più. Le donne faticano a fare carriera. Mentre sul fronte dell’educazione le donne italiane eccellono,  raggiungendo la 55esima posizione su 149 Paesi.l
Leggendo questi dati sembrerebbe che quando si parla di donne si debba parlare anche di uomini e che il discorso sia legato al raggiungimento di un livellamento statistico. 
Certamente guardare alle donne attraverso gli studi di genere rappresenta oggi un’importante bilancia sociale e culturale. Dobbiamo avere chiaro entro quale panorama ci muoviamo per poterlo migliorare. 
Linda Laura Sabbadini, direttrice del dipartimento delle statistiche sociali dell’Istat e pioniera delle statistiche di genere, in un editoriale de La Stampa, dice “Le donne non possono essere più il pilastro del nostro sistema di welfare. Non possono più farcela. Lo dicono i numeri. Non possono sostituirsi come prima all’attività dei servizi sociali e sanitari. Non ne hanno più il tempo. Vogliono lavorare, vogliono realizzarsi su tutti i piani. Vogliono avere i figli che oggi non riescono ad avere, ma che desiderano. Vogliono anche valorizzarsi sul lavoro. E se la politica non riuscirà a capire che questa è una priorità essenziale per il rilancio del nostro Paese, si allontanerà sempre più inesorabilmente dai bisogni delle donne e del Paese”. E’ evidente che in molti casi l’assenza di servizi e di politiche accentui il divario tra uomini e donne nel nostro paese, ma siamo convinti che le donne non si sentono realizzate solo per questo?
Ci troviamo a volte di fronte a donne schiacciate, che hanno paura a realizzarsi, che non sanno identificare il loro progetto, che temono di non esserne all’altezza. Donne che rinunciano a coltivare aspirazioni per adeguarsi alle attese sociali, donne alle prese con il ruolo di family manager, a occuparsi dei figli, della casa, del marito e infine dei genitori anziani. È la natura o ci sono radici storiche, sociali e culturali che  prescrivono alle donne come dovrebbero essere e che cosa ci si aspetti da loro? Le donne hanno bisogno di pensare e cambiare le rappresentazioni che hanno di sé stesse e delle altre donne. Hanno bisogno di fare rete, condividere, scambiare esperienze, ritrovare una competenza a progettare insieme, parlarsi di idee, progetti, prodotti, e non solo come supporto all’ascolto e alla solidarietà femminile. Le donne devono imparare a sentirsi risorse le une per le altre, ad imprendere insieme, ad investire in progetti manageriali insieme. 
Assumere il pensiero che l’altra donna non sia competitor ma fonte di progettualità, di colleganza, di competenza, ci mette nella posizione di non essere in attesa che qualcuno ci assuma o investa nelle nostre idee, ma ci offre la possibilità di creare insieme un prodotto e di esserne responsabili.  
Quante volte sentiamo dire che le donne sono competitive tra di loro, che non sono solidali, che si fanno la guerra l’un l’altra. Come a dire le donne hanno paura di perdere quel poco potere che si sono conquistate, temono che qualcuno smonti le poche certezze che si sono costruite. Forse va ribaltato il piano. Va restituito alle donne la competenza di poter scegliere chi e come essere. 
Recentemente mi sono imbattuta in una serie di video interviste ad alcune donne del panorama politico e culturale del nostro paese realizzate da Repubblica sul tema del Gender Gap.
Illuminanti le parole di Lucia Annunziata, che a mio avviso ribalta i piani delle statistiche e rivolgendosi alle donne propone una visione più incoraggiante: ”Hai una vita, una passione, una voce, seguila! Fermarsi non è il modo giusto. Tua è la vita, tua è la voce, tuo è il progetto. Vai avanti”. Le donne devono scegliere come meglio credono, non devono avere timore di volersi realizzare in un modo piuttosto che in un altro. Quello che notiamo spesso parlando con le donne è la loro poca consapevolezza delle proprie risorse. Teresa Bellanova, donna di politica e icona di una femminilità competente e libera da stereotipi e pregiudizi, parla delle donne come fattore di innovazione, le donne devono riconoscersi autorevolezza e fare rete.
Mettere in discussione alcuni dei miti fondativi delle identità femminili è importante per lo sviluppo delle donne.
Maternità ed istinto materno, leadership fallocentrica e politica, principesse in attesa di essere salvate dal principe azzurro. Questi i temi per le prossime uscite di marzo.
Questo mese ComeQuando vuole affrontare il tema della del femminile giocando a smascherare le attese che ruotano intorno alle donne, mettendo in discussione ruoli e fantasie che spesso ostacolano la realizzazione personale e un pieno sviluppo sociale.

Francesca Roberti

Psicologa Clinica e Psicoterapeuta
ad orientamento Psicoanalitico

Posted by:ComeQuando appunti di psicoanalisi

ComeQuando è un progetto editoriale nato dall'incontro di tre colleghe psicoterapeute che desiderano portare la psicoanalisi fuori dallo studio, demitizzarla e avvicinarla ai contesti di vita. Renderla utile e non solo bella. #ComeQuando

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